L’arte della leggerezza: “Ragazze mancine” di Stefania Bertola
novembre 21, 2013 § 3 commenti
I libri “leggeri” non devono per forza essere stupidi. Stefania Bertola ci regala un altro romanzo al femminile, scritto con la consueta ironia e ovviamente ambientato a Torino.
Il problema dei romanzi cosiddetti “da supermercato” è che spesso non sono affatto leggeri. Sono storie banali infarcite di presunte verità e considerazioni profonde. E io, a farmi insegnare il senso della vita da Fabio Volo o Paulo Coelho non ci tengo per niente. I libri di Stefania Bertola sono l’esatto opposto: sono romanzi leggeri e femminili scritti con semplicità e ironia, dalla lettura scorrevole, apparentemente senza troppe pretese. Ma, con leggerezza e con il sorriso sulle labbra, ci parlano delle donne di oggi, del microcosmo sociale torinese, delle nostre fisse e dei nostri sogni.
Ragazze mancine è la storia di due donne che più diverse non si può: l’intellettuale Adele che è stata appena piantata dal marito e l’alternativa Eva che si barcamena fra lavori precari e una bambina di un anno chiamata Jezebel.
Adele – che odia cani e bambini e non ha mai lavorato un giorno in vita sua – si ritrova improvvisamente senza una lira, senza una casa e senza un marito, fuggito dopo aver condotto al fallimento l’azienda di famiglia. Il suo obiettivo per il prossimo futuro è trovare un nuovo marito ricco che le permetta di condurre una vita agiata e dedita alla cultura, ma si ritrova invece a condividere uno sgangherato appartamento con una bionda appassionata di musica hardcore, sua figlia Jezebel detta Jezz e il cane dell’amante del marito, che forse è un labrador e forse un pitbull (?).
L’intreccio di “Ragazze Mancine” è piuttosto ricco di colpi di scena, anche se non del tutto credibili: ad ogni modo, capitolo dopo capitolo non ci faremo mancare uomini dalla doppia personalità, potenziali mariti ricchi, matrone borghesi e un medaglione rubato intorno a cui si costruisce l’intera vicenda. E ovviamente, una storia d’amore, che – come la Bertola ci ha magistralmente insegnato in “Romanzo Rosa” – non può mancare.
Ma il bello del libro non è tanto la storia: sono i personaggi minori, i dettagli divertenti, le battute sugli uomini, le donne, i ricchi torinesi. Giocare a scoprire quanto c’è di Adele e quanto di Eva in ognuna di noi.
Sempre con la consueta leggerezza, la Bertola ci parla di un modo nuovo di affrontare la precarietà senza drammi: Eva fa mille lavori ma si ritiene fortunata perché ha la piccola Jezz, anche se di padre incerto e vestita con abiti di seconda mano, Tommaso Castelli fa il pianista nei villaggi turistici e si diverte come un matto, mentre nel mondo dell’alta borghesia si incontrano eleganti sfaccendati traditori seriali e matrone isteriche che con la passione dei romanzi per adolescenti. Poi ci sono le ultime mode, come il fantastico “Prendi e taci” dell’azienda agricola Castelli, lo scatolone con i prodotti dell’orto che fa impazzire tutta la meglio gente torinese, felice come a Natale a ogni nuovo arrivo. Insomma, si sorride – e a volte si ride di gusto – ma in un modo sempre garbato e intelligente.
A caccia di dettagli
Adoro i libri, i film e ogni altra cosa prodotta a Torino. E il gioco più bello è sempre quello di andare a caccia di dettagli, di trovare il riferimento, di dire “io lì ci sono stata”. E “Ragazze mancine” è infarcito di riferimenti torinesi, dai quartieri in cui abitano i diversi personaggi – sempre significative – ai locali che frequentano, ai luoghi culturali, da Palazzo Madama al Circolo dei Lettori, bonariamente preso in giro quando si cita la rassegna sul tema “make up e poetesse serbe”. E proprio al Circolo dei Lettori, domenica 24 novembre, neve permettendo, interverrà Stefania Bertola.
Stefania Bertola, Ragazze mancine, Einaudi, 18.50 (9,90 formato e-book)
Se vuoi leggere un altro romanzo leggero e femminile, ti straconsiglio “Breve storia dei trattori in lingua ucraina” di Marina Lewycka.
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