Invadere un villaggio operaio, ovvero le #invasionidigitali al Villaggio Leumann

Maggio 5, 2014 § 4 commenti

Ci si organizza online, ci si dà un appuntamento e poi tutti insieme si “invade” un museo, un monumento o comunque un’attrattiva culturale del territorio, armati solo di smartphone o tablet per twittare, instagrammare e condividere: questo è quello che accade durante le #invasionidigitali. Per me è stata l’occasione di visitare il Villaggio Leumann, un villaggio operaio in stile liberty che si trova alle porte di Torino e che, in tutta la mia vita di torinese, non avevo mai visitato. Ready to invade? Seguitemi

invasione_leumann

Come ogni invasione che si rispetti, anche quella digitale deve avvenire all’alba. Si perché, per me, le 10 di domenica mattina sono l’alba. Punto la sveglia, faccio colazione e poi prendo la decisione più stupida della mia vita: andare al Villaggio Leumann in bici.
Abito in zona Piazza Statuto, e percorro Corso Francia per chilometri, mentre mi sfrecciano accanto poche auto e molti ciclisti veri, di quelli con il caschetto e la tutina. I numeri civici avanzano, dal 42 al 300 e qualcosa, quando realizzo una terribile verità. Devo andare in Corso Francia 345 a Collegno.
La numerazione ricomincia da capo. Supero un cavalcavia, penso di tornare indietro ma resisto. Mi tolgo il soprabito: fanculo lo stile, qui c’è da pedalare. Finalmente arrivo, neppure troppo in ritardo, al luogo dell’appuntamento, dove un bel gruppetto di una sessantina di invaders è già pronto all’azione. C’è pure il sindaco di Collegno per le foto di rito (ma chi ha mai invaso qualcosa con il consenso del sindaco?).
A dire il vero, una parte di invasori è molto poco digitale e un po’ ageé, di quelli che l’sms è una tecnologia moderna: devono aver letto la notizia sul Torino Sette.

in bici al Villaggio Leumann

Il signor Franco, che al Villaggio Leumann ci ha lavorato, ci porta rapidamente a visitare la chiesa di Santa Elisabetta, mostrandoci la vetrata liberty opera di Fenoglio e annunciandoci che è stata sulla copertina della guida telefonica. Perchè insomma, la Telecom mica ci mette roba qualunque sulla guida del telefono. Questo è vero orgoglio collegnese! Poi ci trascina via causa imminente battesimo. Noi restiamo un po’ così, ma per fortuna arriva il momento delle spiegazioni di rito.

Divisi in 3 gruppi, entriamo nell’Ecomuseo con la nostra guida che ci racconta la storia del Villaggio Leumann: siamo degli invasori davvero diligenti! Per sintetizzare quasi un’ora di spiegazione, vi basterà sapere che:

– La famiglia Leumann, di origini svizzere e religione protestante, è emigrata in Italia perché qui da noi le tessiture erano avanti: e già questa è una notizia che ha dell’incredibile, no? Si stabiliscono nei dintorni di Voghera per aprire la loro fabbrichetta, che va pure bene. Ma quelli di Voghera li cacciano, un po’ perché la tessituria, con i telai e tutto, faceva un gran casino giorno e notte, e un po’ perchè, diciamocelo, erano invidiosi del successo degli svizzeri.

– Siamo negli anni Sessanta dell’800. Torino non è più capitale, c’è crisi e poco lavoro (vi suona famigliare?) La città punta su quello che allora era il nuovo che avanza, l’industria. I Leumann stanno cercando un terreno, e qui ce n’è uno delimitato da una bella strada grossa come Corso Francia e da ben due bialere. La nostra guida fulmina con lo sguardo i non-piemontesi che ignorano il termine. La bialera è un corso d’acqua, e per tessere e tingere di acqua ce ne va molta. Nel 1875 i Leumann comprano il terreno e ci piazzano il cotonificio.

Napoleone Leumann (in famiglia piacevano i nomi altisonanti), ragazzo di grandi vedute, decide di costruire un villaggio operaio, come già ne sorgevano nel Nord Europa. Non squallide case di ringhiera, ma villette con giardino e sobrie decorazioni in stile liberty mitteleuropeo. Chiama Pietro Fenoglio, uno che di liberty ne sapeva a pacchi, e si fa fare un villaggetto con tanto di chiesa, scuola, circoli sportivi e teatro, ambulatorio medico (all’epoca la mutua non esisteva, tranne che per i dipendenti Leumann), spaccio con moneta interna, lavatoio. Insomma, un imprenditore illuminato. Un pre-Olivetti. Altro che il nostro Marchionne. Napoleone pensava: se i miei dipendenti stanno bene, anche la fabbrica andrà bene. E aveva ragione. 1000 persone vivono qui, tra operai e famiglie. Si apre il Convitto delle Operaie per le ragazze che vengono da fuori, sorvegliate dalle suore perché non combinino casini.

– Siamo negli anni Sessanta del ‘900. Il cotone non lo vuole più nessuno, superato dalle fibre sintetiche. La manodopera dei Paesi emergenti di certo non vive in villette liberty con giardino, ma costa meno. I nuovi proprietari vogliono chiudere la fabbrica e buttar giù tutto. La fabbrica chiuderà, tranne una piccola parte, le case grazie a dio restano: le comprerà il comune per farci edilizia popolare,  e tuttora sono date in affitto così, che la vorrei io una casa popolare così.

Oggi, il Villaggio Leumann è vivo: la gente ci abita, pianta le rose e fa il barbecue in giardino, ci battezza i figli la domenica in chiesa.

DA VEDERE:

ECOMUSEO

– CHIESA DI SANTA ELISABETTA

Una chiesa anomala, sul modello di quelle protestanti del Nord Europa, con una grande vetrata liberty dietro l’altare e, inizialmente, niente quadri né statue, ma affreschi di rose. Qua c’era il riscaldamento, le pie donne del borgo ci venivano al pomeriggio, a sferruzzare.

STAZIONETTA

CONVITTO DELLE OPERAIE (oggi Biblioteca di Collegno)

CASA MUSEO con ricostruzione degli ambienti d’epoca, improntati alla massima sobrietà e pulizia.

La nostra guida ci racconta tutto ma davvero tutto, e alla fine ci saluta: vuole poi vedere cosa postiamo, visto che abbiamo passato il tempo chini sui nostri apparecchi elettronici! Ed è proprio così, perchè già durante la visita sono fioccati tweet e foto taggate #invasioneaLeumann

Io resisto alla tentazione di entrare da Diffusione Tessile, l’outlet di abbigliamento che sta proprio nella ex fabbrica, riprendo la bici e me ne torno a casa per pranzo: il viaggio mi sembra più breve, forse perché la strada è leggermente in discesa o forse perché ho già fame.

Un grazie all’Associazione Villaggio Leumann e a Silvia Badriotto di Nuovi Turismi, organizzatrice dell’invasione.

 

 

 

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§ 4 risposte a Invadere un villaggio operaio, ovvero le #invasionidigitali al Villaggio Leumann

  • Racconto molto bello e simpatico, non ho potuto trattenere qualche sorriso perché alcuni passi sono proprio divertenti!
    PS: tranquilla, anche dopo i 5 km in bici, lo stile bon ton era impeccabile 😉

    • Paola Sereno ha detto:

      Ciao Marco e grazie mille per i complimenti. Vorrei solo precisare che da casa mia al Villaggio Leumann sono ben 8,5 km, ho controllato su Google Maps 🙂 e comunque il giorno dopo ero a pezzi!

  • Misterkappa ha detto:

    Grazie a te, se ti va potremmo seguirci a vicenda 🙂

  • […] Le cose belle del web non accadono in Rete, la Rete le ospita. Alla base delle cose belle che si trovano in Rete c’è l’economia del dono, c’è la leggerezza con cui si affrontano cose serie, la simpatia che ci porta a conoscere sconosciuti che condividono i nostri stessi interessi, le nostre stesse passioni (o altre che abbiamo scoperto proprio dal web). La determinazione di chi emerge, perché la concorrenza è tanta e non basta essere “abbastanza bravi”. L’indipendenza di chi non aspetta che le condizioni siano ottimali per partire, parte e basta (vedi il caso Invasioni Digitali). […]

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